Transcontinental Race #TCRNO9Cap222

Tra il 23 Luglio e il 6 Agosto 2023 ho realizzato un sogno… 14 giorni consecutivi di “gara” di circa 3800 km e 44.000 metri di salita. Un traguardo sportivo che è un coronamento di  4 anni di esperienze maturate sulle ultra-distanze in bicicletta. Un “margine” di consapevolezza costruito un’avventura dopo l’altra, che mi ha permesso di fare le scelte migliori riguardo la preparazione fisica, mentale, il setup della bici e le attrezzature, e che mi ha consentito di prendere le decisioni giuste  durante 14 intensissimi giorni (e notti) trascorsi guidando con ardore una bicicletta. Si dice che questa edizione sia stata la più breve ma la più dura, e alcuni veterani che hanno partecipato a diverse passate edizioni l’hanno confermato. Personalmente lo credo in pieno! Scrivo solo ora, a quasi due mesi dalla fine di questa esperienza così intensa, perché nei giorni successivi sentivo di esser ancora troppo coinvolto e troppo forte era la componente emotiva derivata dalla soddisfazione e dalla consapevolezza di aver raggiunto e forse superato il mio limite. La TCR ti spinge “oltre” obbligandoti a gestire 14 giorni provanti, 14 giorni di sensazioni fisiche e mentali che probabilmente non hai mai vissuto prima.  “A caldo” era molto, troppo, viva la sensazione di esser uscito indenne da una prova forse “esagerata”. Non dico che appena tornato avevo gli incubi, ma i ricordi belli, insieme a quelli più provanti, riaffioravano prepotenti. Una parte di me avrebbe voluto che tutto quello potesse ancora continuare? Si! E questo un po’ mi spaventava. Ogni evento organizzato è diverso, ma qui stiamo parlando della TCR, la gara più importante, seguita e dura al mondo, anche se non la più lunga. Lost Dot, che la gestisce, ha messo a capo della direzione di gara il competente, integerrimo e simpaticissimo Andrew Phillips. Non conosco i retroscena, non so se sia lui l’artefice delle scelte che hanno reso questa edizione così dura sotto diversi punti di vista, ma di certo l'”integrity” e il rispetto delle regole hanno contribuito a coinvolgere i riders in un’aura di “corsa totale”. Una necessità di focalizzazione mentale che a mio avviso alla fine ha aiutato tutti a dare il massimo e che è propria dello spirito della TCR. La concentrazione di dislivello in salita negli ultimi 1000km è stata maggiore rispetto a tutte le edizioni precedenti, come anche il rapporto tra km e dislivello in generale. Questo, unito al cattivo tempo incontrato soprattutto all’inizio,  in Francia e nelle Alpi, e al caldo estremo che ci ha accolto in Albania e Grecia, ha comportato sicuramente un grande sacrificio e ulteriore dispendio di energie per i partecipanti. Altro unicum di questa edizione ha riguardato le difficoltà previste dagli organizzatori nella dfinizione dei “parcours” obbligatori: quasi una forma di sadismo che ci ha portato a dover superare oltre 11k D+ in appena 700km per oltrepassare le Alpi, tra Svizzera, Italia, Austria e Slovenia. Roba da Super Randonèe, con in aggiunta sezioni gravel o deviazioni più o meno pianificate fuori strada,  impegnative e in alta quota. Il percorso obbligatorio in Albania è stato estremamente provante, su sterrati di montagna, nell’isolamento più totale. Un itinerario comunque spettacolare che ancora oggi mi emoziona. E poi ancora i tre parcour in Grecia, densi di difficoltà e insidie (cani, tanti cani, a volte cosi feroci da obbligare il rider a cambiar strada), che contemplavano circa 16k D+ in appena 1.100km… E i km finali con una temperatura che arrivava a oltre 40 gradi. Hei Lost Dot! Vuoi forse che la mia bicicletta si distrugga?! Volete che qualche cane mi sbrani? Sono qui, vado avanti qualsiasi cosa succeda, posso percorrere qualsiasi strada e superare tutte le salite che incontro. In fondo, sono uno “strong rider”! Certo, a volte bisognava davvero ingegnarsi… Ho aperto pozzetti che contenevano i rubinetti di fontanelle utilizzate per le capre in Grecia, oppure ho semplicemente centellinato la mia scorta d’acqua, che pure poteva arrivare a 2,3 Litri. Certo è vero che in questa edizione si son viste le più disparate scelte da parte dei riders. C’è chi è ha preferito andare su per le montagne a piedi spingendo la bici perchè non ne poteva più di pedalare, chi per l’impossibilità di passare a causa di troppi cani feroci ha dovuto deviare per altri monti e valli… come purtroppo ho fatto io! Una “corsa totale”, la definirei proprio così. Chi ha fatto scelte errate quest’anno non ha avuto scampo, non è arrivato all’arrivo entro il limite dei 15 giorni. Solo circa 120 riders su 350 hanno concluso da finisher la TCR quest’anno. Le tendiniti, i problemi al sottosella, hanno accompagnato quasi tutti i partecipanti. Io ho avuto problemi alle ginocchia il secondo giorno: mi ero messo a spingere troppo, ma con l’esperienza sono riuscito a risolvere questi problemi anche pedalando! Fondamentale l’apporto dell’auto-massaggio e di altri protocolli che ho sperimentato col mio amico fisioterapista Franco Norbiato, di cui vi parlerò approfonditamente. Una questione fondamentale, perché i problemi fisici (dolori al ginocchio e poi al tendine di Achille) sono la prima causa di ritiro. Le mie scelte inerenti bicicletta, dalla biomeccanica ai componenti, sono state senza dubbio di successo. Rimando ad un altro articolo l’argomento, vi dico solo che il Red Shift come attacco manubrio, la sella ISM PL.1.0 e il tubo sella Ergon ammortizzato in carbonio hanno fatto la differenza. Miracoloso anche l’apporto dei cerchi 3T e soprattutto dei nuovi copertoni Continental GP5000 TL All_Season da 32mm: tubeless rinforzati che non hanno perso aria e che non hanno subito nessuna foratura durante tutta la gara, malgrado le condizioni talvolta più adatte a una mountain-bike in cui sono stati impiegati. Qualche dato e un aneddoto in più sulla mia gara. Ho dormito fuori, o non ho dormito, per 6 notti sulle 15 totali, le altre 9 ho dormito per 3-4 ore cadauna in strutture. Il riposo notturno e gli altri motivi di stop come mangiare, check-in, docce, lavare i vestiti e tutte le altre attività hanno portato il mio tempo di stop a circa il 40-45% del tempo gara totale. Una sera, sceso dalle montagne greche, mi sono reso conto che non avrei trovato ristori per almeno 40km. Ho cambiato traccia in modo da arrivare in un paesino con una taverna aperta. Si mangia, niente per dormire però! La cameriera mi consiglia quindi di andare nella zona della chiesa, così faccio e mi preparo a dormire per terra col mio sacco da bivacco. Dopo poco un ragazzo si avvicina e mi dice che potevo dormire in chiesa. Sicuro? Gli chiedo. Si! E mi accompagna aiutandomi a creare un giaciglio sotto all’altare. Passo così tre ore di sonno al caldo in un chiesa ortodossa nel bel mezzo del nulla immerso nelle montagne della Grecia. Ci sono un’infinità di altri episodi, divertenti o meno, situazioni tristi e di estrema felicità, momenti e scelte ancora opachi che non riesco a focalizzare, forse perché in quei momenti ero in una sorta di stato di “trans” 🙂 e pensavo a quello che poteva succedere poi più che ragionare su quanto avevo appena passato. Niente di strano, tutti noi quando proviamo emozioni intense per un periodo prolungato non possiamo far altro che tenerne un po’ per noi e scambiarne solo una piccola parte. Questo scritto e il blog stesso sono una traccia di quello che è stato e un punto di partenza per future riflessioni, e se avete delle domande sapete dove contattarmi. Ringrazio chi mi ha aiutato prima, nella preparazione, chi mi ha dato consigli, chi mi ha seguito durante la corsa (cosa molto bella che avviene grazie ai social e al sistema di tracciamento dei riders), chi mi ha sostenuto in vario modo e chi crede che queste esperienze possano avere un seguito.
Be more Mike!

Lascia un commento